Presepi strambi, auguri veri


Confesso che non volevo scrivere niente per Capodanno, non festeggio quasi e più passano gli anni più mi prende la voglia di condividere con pochissime persone o solo con me stessa gli ultimi istanti di un anno che passa portandosi via tutti i suoi guai e tutte le sue cose belle, consapevole che la mia vita cambierà in meglio solo se io farò qualcosa al riguardo (e se avrò anche un po’ più di culo, ovviamente).

Io non sono molto portata per le atmosfere natalizie da diabete e gli auguri di Capodanno trasversali a tutti i costi solo per convenzione, quando poi nella vita di tutti i giorni con quelle stesse persone va già bene che ci si scambia un saluto per strada.

La mia scarsa attitudine al Natale si è manifestata con prepotenza l’anno scorso quando, dopo aver fatto come da manuale l’alberello, mi sono lanciata nella preparazione del presepe. La premessa è d’obbligo: il mio presepe non è tradizionale, è di quelli etnici, tecnicamente è peruviano e lo avevo comprato anni fa perché mi sembrava più fico e meno impegnativo (io sono un’agnostica che però crede in Cristo ma con riserve sul fatto che fosse figlio di Dio che non so mica se esiste e forti dubbi sulla resurrezione e altre leggende metropolitane).  Comunque sia, l’anno scorso presa da un fervore religioso che non mi riconosco se non quando ho il delirio da febbre a quaranta, preparo il presepe coi personaggi sudamericani così composto: Maria, Giuseppe, culla di fieno per bambinello, bambinello e tre suonatori di strumenti a fiato che penso siano ispirati ai Re Magi. Ma sorge un problema. Il problema è che uno di questi suonatori porta i capelli lunghi come una donna ed io, fervente ma disorientata come al solito, solo verso fine dicembre mi accorgo di averlo messo al posto di Maria dando vita così ad una rievocazione gay della natività, dove il bambinello è figlio di una coppia di fatto composta da un frastornato e un po’ nervoso Giuseppe e un affascinante trombettista dalla chioma corvina, mentre la Vergine si annoia in seconda fila con niente da fare in quanto priva di strumento a fiato, ma di sicuro con qualcosa da dire (a me).

E vorrei far presente che il bambinello è comparso solo a santo Stefano, giusto in tempo per farmi i sentiti auguri di buon onomastico perché mi ero pure dimenticata di metterlo nella culla.

Non sono portata, è una cosa da accettare, tra i miei innumerevoli pregi non c’è quello della “Nativity planner”, quindi è meglio che io non mi spacchi il cervello per organizzare eventi se poi questo è il risultato, roba da scomunica e tribunale della Santa Inquisizione.

Altra cosa per cui non sono pronta sono gli auguri di buon anno della mia vicina di casa che mesi fa – in un impeto di amore condominiale nei miei confronti – mi ha sbattuto la porta in faccia rischiando di tranciarmi il nasino alla francese e di trasformarlo in una polpetta informe. Stamattina dopo avermi augurato tante cose belle io l’ho guardata con la faccia del vaffa e l’occhio della sfiga come gli zingari ma mi sono limitata a risponderle un distratto grazie, altrettanto giusto perché sono educata e cerco di evitare noie inutili. Un semplice buongiorno sarebbe bastato ma no, la gente, anzi, “lagente” tutto attaccato deve farsi gli auguri.

Capisco che scambiarsi gli auguri sia normale di questi tempi e che sia più comodo e veloce contraccambiare che non evitare, però in questi casi sono proprio parole vuote che non assumono di certo un significato solo perché vengono ripetute ossessivamente per le ultime due settimane di dicembre. Non sono un mantra, sono solo lettere attaccate le une alle altre che unite e pronunciate con l’espressione plastificata danno vita, in molti casi, a frasi senza senso e, soprattutto, senza cuore.

Però… però… però… augurare delle cose belle con onestà di cuore e di panza alle persone che amo o che mi piacciono molto lo voglio fare, una buona parola non costa mai fatica e fa bene all’anima.

Io dico solo speriamo bene, per tutto.

Quanto agli auguri…

Auguro a quella mia amica di trovare l’equilibrio che a volte traballa e la fa sentire instabile e di riuscire a prendersi lo spazio per se stessa che oggi le manca.

Auguro a un’altra amica di poter finalmente tirare il fiato dopo un anno terribile che le ha portato via la persona che amava di più su questa terra.

Auguro alle mie sorelle per l’anno che verrà di sentirsi piene di voglia di fare, entusiaste e fortunate e alla nipotina di continuare ad essere lo splendore che è. E ovviamente, soldini che servono sempre, magari dei viaggi e un po’ di calma e pace mentale.

Ai miei genitori di stare bene di salute, perché è tutto quello di cui hanno bisogno.

Auguro a quell’altra amica di mangiare tanto e non ingrassare, così è contenta.

A quell’altra ancora di mangiare un po’ di più e ingrassare un po’ che se continua così, sparisce.

Auguro a quel mio amico lì di trovare la soluzione migliore per risolvere un po’ di guai e di avere sempre vicino i suoi bambini.

Auguro alle “amiche” blogger di avere tanta fantasia così io avrò sempre molte cose carine da leggere e con le quali confrontarmi.

Auguro a chi mi ha infastidita con sms inutili e privi di senso, di perdere il mio numero di telefono.

E tante cose belle, tanta salute, un bel lavoro, tantissimo amore e molto sesso ben fatto per tutti quelli che mi piacciono e che, in un modo o nell’altro, partecipano alla mia vita e ci saranno sempre, anche solo leggendo questo blog demenziale. Come canta Raffaella Carrà, “Com’è bello far l’amore da Trieste in giù, l’importante è farlo sempre con chi hai voglia tu!”, per cui tanto, tanto, tanto amore e tanta passione per tutti noi, che sono cose che fanno bene.

Quanto a me, auguro alla Ste di sentirsi bene nella testa e nel corpo, di non avere paura di niente, di aver voglia di rischiare per essere felice, di evolvere ancora e di avere occhi abbastanza grandi da farci stare dentro sogni piccoli o immensi da realizzare. E di avere tanto, tanto, tanto culo.

Buon anno, amici miei, dal profondo del mio cuore.

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